La risoluzione contrattuale per giusta causa sportiva
- Excellentia11
- 14 mar
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Il Regolamento FIFA sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori (c.d. RSTP) nel disciplinare il rapporto di lavoro in ambito calcistico prevede all’art. 13 una regola generale secondo cui il contratto di lavoro di un calciatore può cessare solamente alla sua naturale scadenza, oppure previo reciproco accordo fra le parti. Tale regola — congiuntamente a quanto previsto dall’art. 16 RSTP, il quale impone un divieto di risoluzione unilaterale del calciatore dal contratto di lavoro durante la stagione agonistica — rappresenta la codificazione del principio pacta sunt servanda (i patti vanno rispettati) nell’ordinamento sportivo della FIFA.
Ciò premesso, lo stesso RSTP prevede alcune deroghe alla regola generale ex art. 13, specificamente ad opera degli artt. 14, 14 bis e 15. Oggetto del presente approfondimento è, in particolare, l’art. 15 RSTP rubricato “Risoluzione del contratto per giusta causa sportiva”.
La citata norma introduce la nozione di “giusta causa sportiva”. Trattasi di un istituto che, indubbiamente, ripercorre quella specificità di cui si dota l’ordinamento sportivo, la quale trova riconoscimento sul piano internazionale e che, per molti aspetti anche se entro determinati limiti, conduce ad una regolamentazione ad hoc che tende a essere autonoma rispetto alle fonti del diritto c.d. ordinarie.
“Un professionista affermato che abbia disputato, nel corso di una stagione agonistica, meno del 10% delle gare ufficiali alle quali partecipava la sua società, può risolvere il suo contratto prima della sua scadenza naturale per giusta causa sportiva. Nella valutazione di tali casi, verrà tenuta in considerazione ogni circostanza specifica concernente il calciatore. L’esistenza della giusta causa sportiva dovrà essere accertata caso per caso. Non saranno irrogate sanzioni sportive anche se può essere richiesto il pagamento di un’indennità. Il professionista può risolvere il suo contratto per giusta causa sportiva solo nei 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale della stagione disputata per la società per la quale è tesserato”.
La ratio legis è quella di fornire una tutela in capo al calciatore, mediante lo strumento della risoluzione contrattuale, nei casi in cui egli sia escluso dal prender parte alle gare ufficiali della sua società sportiva. Al fine di evitare un abuso, tuttavia, il campo di applicazione della giusta causa sportiva è delineato dalla norma stessa: sono, invero, necessarie tre condizioni affinché il calciatore possa risolvere anticipatamente il suo contratto invocando tale peculiare giusta causa.
La prima delle tre condizioni coincide con lo status di “professionista affermato” (“established professional”). Ai fini della corretta interpretazione di tale status è necessario richiamare gli orientamenti giurisprudenziali della FIFA Dispute Resolution Chamber (DRC) e del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS). Secondo consolidato orientamento dalla DRC, un calciatore è un “professionista affermato” quando “ha terminato e completato il suo periodo di formazione e il cui livello di abilità calcistica è almeno pari o addirittura superiore a quello dei suoi compagni di squadra che vengono impiegati regolarmente”, inoltre, ai fini di tale valutazione, devono essere presi in considerazioni altri criteri oggettivi quali l’età del calciatore e le sue prestazioni passate (Cfr. DRC FIFA, decisione del 7 giugno 2018, n. 6181022-E). A ciò si aggiunga quanto osservato dal TAS nel lodo 2007/A/1369, ove il collegio arbitrale chiarisce che il termine “professionista affermato” non va interpretato unicamente in riferimento all’età del calciatore, ma anche sulla base “[…] del suo livello agonistico-sportivo come dimostrato nella sua carriera […] e sul cosa ci si aspetta dal calciatore in termini di prestazioni sportive”. Ciononostante, la stessa norma precisa che l’eventuale giusta causa sportiva deve essere valutata caso per caso, indicando, dunque, che non esistono dei criteri oggettivi esclusivi di valutazione ma, l’esistenza o meno di tale giusta causa è da determinarsi sulla base del caso specifico, tenendo in considerazione anche dei criteri di carattere soggettivo quali, ad esempio, il criterio secondo cui il calciatore avrebbe potuto di aspettarsi di essere schierato o meno, basando tale valutazione sulla qualità della rosa della società sportiva in cui il calciatore è tesserato (Cfr. lodo CAS 2018/A/6017).
La seconda condizione è rappresentata dalla circostanza che il calciatore abbia partecipato a meno del 10% delle gare ufficiali a cui ha preso parte la sua società sportiva di appartenenza. Si tenga in considerazione che con “gare ufficiali” ci si riferisce a competizioni ufficiali quali, ad esempio, campionati e/o coppe nazionali e/o internazionali e/o continentali; sono, invero, da escludersi le gare giocate in occasione di competizioni amichevoli. Per quanto concerne il calcolo del quantum del 10% sussiste, almeno al momento, un contrasto giurisprudenziale. Da un lato, la DRC interpreta la norma in maniera letterale, considerando dunque il numero di presenze effettive del calciatore (Cfr. DRC FIFA, 10 agosto 2007, decisione n. 871322); dall’altro lato, il TAS — con un interpretazione teleologica — considera una base adeguata di calcolo ai fini del raggiungimento del 10% il minutaggio conseguito dal calciatore nelle gare ufficiali (Cfr. lodo CAS 2007/A/1369).
La terza e ultima condizione coincide con un criterio temporale. Come sopra precisato dalla norma, il calciatore può risolvere il contratto per giusta causa sportiva soltanto nei 15 giorni successivi all’ultima gara ufficiale della stagione disputata per la società sportiva con cui ha in essere il rapporto contrattuale. Sebbene si tratti di una condizione di ammissibilità per la risoluzione in parola, è doveroso evidenziare come la norma non imponga alcun obbligo in capo al calciatore di notificare la sua intenzione a risolvere il contratto per giusta causa sportiva. La giurisprudenza del TAS ha, difatti, chiarito che tale condizione dovrà ritenersi soddisfatta anche se, entro il suddetto termine, il calciatore non comunichi alcunché alla sua società di appartenenza ma provveda a informare la FIFA (Cfr. lodo CAS 2006/A/110). Sarebbe, in ogni caso, più corretto provvedere a un’effettiva notifica in forma scritta alla società sportiva, con cui il calciatore (o chi lo rappresenta) comunichi l’intenzione di voler risolvere il contratto per giusta causa sportiva, soprattutto alla luce del fatto che, seppur in tali casi non è prevista alcuna irrogazione di sanzioni sportive a carico del calciatore, è possibile — come sancito dalla norma — che quest’ultimo sia chiamato a pagare un’indennità in favore della società sportiva.
In conclusione, l’istituto della giusta causa sportiva rappresenta un meccanismo di tutela per il calciatore professionista, garantendogli la possibilità di risolvere il vincolo contrattuale in presenza di condizioni che limitano gravemente la sua carriera.
Dott. Mario Piroli
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